“Vanitas Musivum – Brucare la superficie” n. #20 di Mosaique Magazine
E’ uscito il n.#20 di Mosaique Magazine, la rivista fondamentale per il mondo del mosaico , che con le sue edizioni, redatte in inglese e francese e vendute in tutto il mondo, indaga e approfondisce i temi e gli artisti dell’arte musiva contemporanea.
Nell’ultimo numero della rivista, da pagina 74 a pagina 79, uno splendido articolo scritto dalla magica penna di Enzo Tinarelli, docente dell’Accademia di Belle arti e mosaicista riconosciuto a livello internazionale, che racconta il lavoro e i mosaici di Elena Prosperi e Michele Dibari nella Bottega di Mosaico di Cerreto Guidi (FI).
Sotto il testo integrale.
Vanitas musivum, brucare la superficie
Il mosaico tende ad espandersi sempre di più nell’ambito contemporaneo, non solo per l’aspetto dell’evoluzione tecnica, ma piuttosto per l’estensione culturale delle maglie del proprio specifico linguaggio storico–tradizionale.
Il disgregarsi dei suoi “serrati interstizi” porta il mosaico ad accludere nuovi territori e generare nuovi campi aggregativi. Così ogni volta che si affronta l’aspetto del mosaico nelle declinazioni poetiche del linguaggio artistico, in termini di “contemporaneo” (nel senso di innovazione – apertura) sembra valere la formula di una più marcata emancipazione dalla tradizione.
Il diffondersi di questa visione determina una s-definizione del mosaico nella sua peculiarità materiale e visiva e identitaria: la tessera.
Essa non è più un precetto vincolante, ma si concede a nuove metamorfosi, con la trasversalità in altri campi si creano nuove mappe della molteplicità, concettuali e materiali.
Ciò viene maggiormente assorbito nelle nuove generazioni che hanno una formazione meno “verticale” delle tecniche del mosaico, educata al gusto post-moderno decantato dalle avanguardie storiche e influenzato dai nuovi media.
Essi assorbono quelle aggregazioni provenienti dal mondo della moda, dal cinema, dal fumetto, dalla musica, ma testimoni anche di una sensibilità ambientale diffusa che sensibilizza ad una nuova ecologia estetica, che porta a valorizzare lo scarto, il rifiuto riciclato.
Si amplificano e stratificano i campi culturali del mosaico con esperienze parallele sull’iconografia e sui materiali che si interfacciano con reciproca inclusione.
Elena Prosperi e Michele Dibari sono giovani artisti di questa generazione che hanno entrambi approfondito gli studi di mosaico all’Accademia di belle arti di Ravenna dando sfogo all’istinto iniziale del “magico incontro” con il mosaico, poi riflesso nella loro esperienza di vita nel praticare l’arte del mosaico, sia personale che comune.
Incontro che li porta ad aprire nel 2017 il laboratorio artistico “la Bottega di Mosaico – Art Lab” nel cuore della Toscana (Empoli), ma mantenendosi anche artisti indipendenti.
Prosperi partecipa presto alle esposizioni promosse nell’ambito delle biennali di Ravenna con il premio G.A.E.M. e altre iniziative d’arte dei giovani.
Dopo aver approfondito le basi del mosaico ravennate all’Accademia di Carrara sotto la mia guida si è poi specializzata nel biennio a Ravenna.
Ciò le ha consentito di acquisire quelle basi del mosaico tecnico della tradizione sotto il quotidiano sguardo dei mosaici storici ravennati e di sperimentare anche quelle “contaminazioni” d’apertura a costumi contemporanei, verso la definizione di una espressività personale.
Elena sostiene: “Nei miei lavori cerco di dare importanza alla componente materica, muovendomi tra soggetti figurativi e paesaggi onirici”.
Nei mosaici in cui figurano immagini celebranti i miti di massa; dal cinema o dalla musica, come: D. Bowie, M. Monroe, E. Presley, F. Mercury o Bacco, la trama delle tessere di smalti e vetro cattedrale è realizzata con andamenti “classici” e innestata a malte colorate che ne dilatano i fondali nei quali, sono disposte una pioggia di minute tessere che affermano la planarità del mosaico e al tempo stesso rafforzano il mito di “polvere di stelle”.
In altre opere si evocano immagini attinte dall’ immaginario personale o da miti storici, con una sottesa valenza d’impegno sociale come in Wakan Tanka, realizzato su assi di legno con smalti e vetro; una sorta di trofeo composto di piume musive e reali, nel gioco dell’illusione ottica tra finzione e realtà.
Infatti lei scrive: “Nei miei mosaici cerco di non pormi limiti tecnici o esecutivi riguardo i materiali o i procedimenti da adottare”.
In Vanitas (realizzato con Dibari) la figura ieratica di un Grande Spirito Pellerossa campeggia in un riquadro a losanga che ne rafforza l’ascesa e la fierezza verso un “felice territorio di caccia paradisiaco”. Finemente lavorato nella vestizione con piumaggio di tessere, anche qui simulate e reali, vengono evocati la forza dell’aquila e la regalità del pavone, in un fondale aperto sul cui intonaco sono disseminate piccole stelle d’oro, come lei stessa sottolinea: “Mi affascinano i cieli stellati, le misteriose sfumature del cosmo, e la dimensione simbolica e spirituale, da ricercare in immaginari terreni o naturali.”
Con The Valiant, Planet Heart, In sogno emerge l’attenzione dell’autrice sul pianeta, prima accennato, attraverso il simbolo di un fiore e l’organo pulsante dell’uomo che coincidono con l’impegno a tematiche ecologiche e resi attrattivi dalla materia, come i segni ramificati delle tessere, applicate sulla malta del fondale luminoso disseminate appaiono come una pioggia rigenerante.
In Planet Heart la luce notturna è generata da un cuore- luna con tessere di rami stilizzati e vegetazioni senza radici che affiorano su un fondale cosmico di cromie luminose.
In In Sogno la composizione è più complessa; riassume dettagli di frammenti rocciosi con aironi, iene, giraffe, zebre, superstiti di un diluvio passato o imminente, anche il fedele cagnolino di Elena è entrato nel fantastico mosaico come un docile cane cavem che osserva lo spettatore, guardiano dello sguardo, tra la soglia del reale e virtuale.
Sembra emergere un mappa che allude ad uno schema di un territorio in cui possiamo percepire le asperità e le porzioni, se ci poniamo con uno sguardo brucante a più strati, che scalzi l’idilliaca visione: “L’occhio che bruca sostituisce la visione globale con una dimensione miope”. (1)
Del suo fare mosaico Elena scrive: “mi piace la libertà del mosaico, di adattarsi alle superfici e alle idee, e la possibilità di fondere tecniche tradizionali a procedimenti nuovi e a materiali inconsueti, rigorosamente raccolti ovunque”.
“Nel mosaico Anima Mundi, realizzato con Dibari, parodia dell’opera Salvador Mundi di L. da Vinci, i livelli narrativi sono molteplici e coesistono assorbiti dal linguaggio musivo.
L’opera esprime la sofferenza del pianeta raffigurata dal Grande Cervo (secondo Platone); le corna dorate simboleggiano la spiritualità, la veste raccoglie la molteplicità degli elementi terreni ed è ornata da 5 “placchette” che espongono altrettanti argomenti di sofferenze della terra.
Essi divengono sovrastrutture della storia delle tecniche del mosaico: micromosaico su mosaico! benché di smalti tagliati e non filati.
Conchiglie, bigiotteria, plastiche, muschio, teschi metallici che evocano i martiri cristiani, sono inseriti nell’opera e appartengono a quei reperti resilienti “assorbiti” nella discontinuità musiva e assoggettati alla tendenza unitaria dello sguardo.
La mano destra con l’occhio divino della trinità, indica nella scritta, il motto della fenice: post fata resurgo (dopo la morte rinasco), l’atra con scritta “look”, sostiene il globo simbolo di potere universale ma è anche monito sul pianeta.
Michele Dibari dona valore primario alla componente tecnica, per una propensione innata alla precisione; scrive del suo lavoro: “mi piace mettermi alla prova, cercando di indagare le possibilità figurative dell’arte musiva, provando a riprodurre nel modo più fedele possibile una determinata realtà.
Cerco di realizzare opere “semplici”, che mostrino con facilità ciò che contengono, così che l’opera possa parlare da sé e non solo di sé.
Nelle sue opere musive: New York e Twin Peaks ha cercato di “fissare” in mosaico, due momenti della nostra società contrapposti a un mondo fatto di sogni e realtà; uno a livello paesaggistico, anche con l’uso di vetro luminescente, ove cerca di “distogliere l’attenzione di chi guarda dal cercare un significato dell’opera, per godersi ciò che è rappresentato e come è stato realizzato” (scrive Dibari), l’altro su un frame dell’omonima serie di David Lynch.
Opere queste di assoluta “tradizione tecnica” sviluppate con la perizia degli andamenti delle tessere che affermano la volontà della superficie piana, ma cangianti e stupefacenti nella enunciazione materiale dell’immagine di massa.
Nell’opera Percezioni, dettaglio di un artigiano al lavoro, gioca con il contrasto tra materia e percezione dell’immagine che si crea dall’incontro di un materiale industriale con la superficie musiva, capace di creare riflessi di luce in base alla posizione dell’osservatore.
Dibari oltre ad essere socio di ART LAB con Prosperi, realizza come artista orafo, una linea personale di raffinati gioielli in argento e micro mosaico tagliato, omaggio alle icone della storia del mosaico con il marchio MusE Gioielli.
E’ senza dubbio l’entusiasmo che guida questi due giovani artisti, lo si legge (in questi giorni del Coronavirus) sulla loro pagina facebook: “Neanche la quarantena placherà la nostra voglia di mosaico!”
Carrara 22 aprile 2020 (Enzo Tinarelli pour Mosaïque magazine n°20)
1) Fulvio Carmagnolla, in Pluriverso, 1996 (che cita gli scritti di Klee P. Teoria della forma e della figurazione)